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Prevedere la squadra vincitrice in una sfida tra nazionali

Su Wired di Giugno c’è un articolo sul libro Calcionomica, scritto dal giornalista sportivo Simon Kuper e dall’economista Stefan Szymaski. All’interno del libro i due autori sviluppano un modello basato su statistiche economiche per provare a indovinare le sorti delle sfide tra le nazionali di calcio. Kuper e Szymaski hanno scoperto che, nel 72% dei casi, cioè in tre partite su quattro, si può prevedere il risultato finale utilizzando una formula, che produce una differenza di gol tra i due team, basata su 4 parametri:

  1. dato demografico (pop): una maggiore popolazione corrisponde ad un più grande bacino di utenza
  2. prodotto interno lordo (Pil), al crescere del quale aumentano anche i fondi per la federazione calcistica
  3. esperienza (esp): più si gioca, più bravi si diventa
  4. fattore campo: chi gioca in casa ha un vantaggio

Come funziona la formula?

Su ogni partita tra la  squadra A e la squadra B si può prevedere il risultato finale utilizzando i fattori popPil ed esp, che si sommano in una formula che produce come risultato una presunzione sulla differenza di gol (DG) tra i due team. Tanto per essere chiari:

DG (tra A e B)= 0,137 log [pop(A) / pop(B)] + 0,145 log [Pil(A) / Pil(B)] + 0,739 log [esp(A) /esp(B)

Alla formula si aggiunge un + 0,657 per il fattore campo se le due squadre non giocano in campo neutro. Ad esempio, nel caso dei Mondiali, quel fattore si aggiunge solo se in campo c’è la squadra di casa (la nazionale sudafricana, in questo momento). I due autori hanno provato ad effettuare delle previsione su Sudafrica 2010. E sul tabellone che i due hanno inviato a Wired c’è subito un dato che salta agli occhi: la finale, utilizzando la suddetta formula, dovrebbe essere disputata da Brasile e Serbia. Quest’ultima infatti godrebbe

“di un bonus di esperienza derivante dal suo essere stata la spina dorsale della rappresentativa dell’ex Yugoslavia”.

La composizione del tabellone per quanto riguarda le semifinali appare più realistica:  Serbia VS Spagna e Germania VS Brasile. Magari indovineranno 3 presenti alla semifinale  su 4.
Avremo modo di scoprirlo presto.

P.R. – anche – su I mondiali come non li avete mai letti

Come è cambiata la geopolitica del calcio

Sudafrica 2010 passerà alla storia. Questi mondiali di calcio ci raccontano com’è cambiato il mondo in venti anni. In primo luogo, perché gli ottavi di finale sono “rilevanti”? Perché i gironi eliminatori sono composti tenendo conto anche di criteri geografici, con l’obiettivo di rendere i gironi stessi il più eterogenei possibile. Quindi, se agli ottavi ci sono più squadre provenienti da una determinata area geografica, queste hanno sconfitto squadre provenienti da altre aree, ovvio.

Cominciamo la nostra analisi dal 1990, un po’ per farla coincidere con la fine della Guerra fredda – e renderla un po’ più affascinante – e un po’ perché prima esistevano formule diverse, e non c’erano gli ottavi.

Il calcio è sempre stato roba da europei e sudamericani, si dice. In parte è vero, ma nel periodo considerato è stato soprattutto roba da europei. L’Europa era la potenza egemone sul sistema. Da egemoni si ha più peso nello stabilire le regole del gioco, e infatti in Sudafrica ci sono andate 13 europee, 8 americane, 6 africane 3 asiatiche e 2 australiane. Con questi dati è quasi scontato che agli ottavi le europee siano in maggioranza, e così è stato fino ad oggi.

Sudafrica 2010 cambia tutto: mai, prima d’ora, agli ottavi di finale le squadre europee si sono trovate in minoranza, assoluta e relativa. Nel 2002 si era toccato il minimo: solo la metà (50%) delle squadre approdate agli ottavi erano europee. Oggi lo sono solamente il 37,5%. Siamo – da europei – stati scalzati dalle Americhe, che con 7 rappresentative contribuiscono per il 43,75%. In crescita le asiatiche, stabili, da venti anni a questa parte, le africane, con una sola squadra agli ottavi. E’ sufficiente rilevare che si sono qualificate 6/13 europee, 7/8 americane, 2/3 asiatiche, 1/6 africane e 0/6 australiane.

Ma vogliamo andare oltre, vogliamo affrontare la geopolitica del mondiale. Che fine ha fatto, dal 1990 ad oggi, il “blocco sovietico”? E il Medio Oriente, come se l’è cavata? Scopriamo che i paesi occidentali (quelli della Nato: Unione Europea più nord America, per semplificare) sono – a causa della perdita di forza europea – in costante calo. Se prima d’ora oscillavano tra il 43,75% e il 56,25%, guadagnandosi la maggioranza dei posti, in Sudafrica sono il 37,5%, affiancati dall’America Latina. Africa costante dal 1994, Asia orientale che solidifica il trend positivo cominciato nel 2002, Medio Oriente meteora.

Il mutamento delle forze in campo e, soprattutto, il sorpasso americano ai danni degli europei pongono dei problemi: la leadership mondiale del calcio è ancora europea? E se non lo fosse, sarebbe necessario riscrivere delle regole? Chi le riscriverà? Argentina, Brasile, Cile e Uruguay sono pronte ad assumere il ruolo di egemoni?

S.C. – anche – per I mondiali come non li avete mai letti

A casa, porca vacchia!

Senza gioco, senza idee, senza corsa. E soprattutto, senza convinzione e personalità. Morale: si torna a casa, nonostante fossimo capitati in un girone per niente ostico. Un passo indietro rispetto a 2 anni fa con Donadoni, quando agli Europei riuscimmo a superare almeno il primo turno, in un girone poi ben più duro di questo. Eppure in questo ultimo match le nostre occasioni le abbiamo avute (con l’ultima di Pepe sprecata clamorosamente), frutto però più della disperazione e, diciamolo, anche dei limiti di chi ci stava di fronte: la Slovacchia, non Argentina o Brasile, porca vacchia! Lippi, vittorioso condottiero del 2006,  saluta mestamente l’azzurro. Ne eredita la guida Cesare Prandelli: sinceramente, pochi in questo momento lo invidieranno, perché l’impressione è che questa Nazionale ci metterà un bel po’ prima di risollevarsi e tornare ai livelli che le competono. Lasciamo stare i rimpianti per Cassano e Balotelli: il barese 2 anni fa agli Europei non aveva certo fatto sfracelli, e l’interista deve ancora dare prova di maturità come uomo, perché il talento non basta. E poi i problemi che assillano la nostra squadra sembrano talmente complessi che forse nemmeno un Maradona od un Pelé basterebbero a risolverli: ci sono evidenti limiti di gioco e impostazione. Soprattutto, tra i giovani, non si vedono all’orizzonte ricambi adeguati ai titolari di oggi. E il fatto che a vincere la Champions sia stata sì una squadra italiana, ma composta tutta da stranieri, dovrebbe fare riflettere. Prandelli dovrà avere molta pazienza. E anche noi con lui.

P.S.

World Cup Fever

Vi presentiamo oggi una galleria di disegni. Cathy Gatland ha tratteggiato la world cup fever che intasa le strade di Johannesburg.

Il Jabulani e la deformazione professionale

Il secondo tormentone premondiale riguarda il pallone. I palloni sono tutti diversi l’uno dall’altro, (lo sanno bene i giocatori dilettanti) e in occasione di grandi manifestazioni vengono sempre proposti nuovi modelli. Quest’anno il Jabulani – che significa “festeggiare” – è stato oggetto di dure critiche, ma nulla di nuovo, se pensiamo alle precedenti edizioni:

Sembra uno di quei palloni che si comprano al supermercato

Julio Cesar, portiere del Brasile

Sembra uno di quei palloni che si usano per giocare in spiaggia

Iker Casillas, portiere della Spagna

Il nuovo modello è assolutamente inadeguato e credo sia vergognoso far disputare una competizione così importante, alla quale prendono parte tanti campioni, con un pallone del genere.

Gianluigi Buffon, portiere dell’Italia

Si vedranno tanti gol come in nessuna edizione dei mondiali.

David James, portiere dell’Inghilterra

In soccorso dei portieri sembra essere corsa anche la scienza, più precisamente i fisici dell’Università di Adelaide. Queste le parole del professore Derek Leinweber:

Il Jabulani viaggerà con più velocità, più effetto e più potenza, farà molte cose in maniera diversa da quelle che normalmente ci si aspetta. La tendenza a deviare improvvisamente farà si che che entrerà in rete un numero maggiore di tiri da lontano.

Controcorrente, due personaggi che le traiettorie preferiscono (preferivano) inventarle e disegnarle, piuttosto che studiarle e prevederle:

Da quando faccio il professionista ho sentito critiche ai palloni che si utilizzavano in questi tornei. E’ stato così alla Confederations Cup, ma anche ai Mondiali del 2002 e a quelli del 2006.

Kakà, trequartista del Brasile

I giocatori non utilizzino il pallone Jabulani per giustificare i loro errori. Il rendimento dipende dalla loro abilità, tutti hanno il tempo di allenarsi e di adattarsi entro l’inizio del mondiale.

Pelè, O’Rei

Punti di vista e deformazione professionale, non trovate?

S.C.

Perché così non li avete mai letti

Perché non siamo giornalisti.

Perché scriviamo quello che ci pare, quando ci pare e come ci pare.

Perché ci piace il calcio, e ci piacciono ancora di più i mondiali.

Perché la gioia per un gol segnato è più grande se condivisa. E noi, qui, la condivideremo.

Perché non ci ricaviamo nulla di materiale: vogliamo solo moltiplicare emozioni.

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Perché questo blog chiuderà il 12 luglio. Ciò che rimarrà sarà il ricordo, scolpito sul web, di un altro grande Mondiale di calcio.