Archivi del giorno: 25 giugno 2010

Dov’è la vittoria

La Nazionale di calcio torna a casa eliminata al primo turno. 2 pareggi, 1 sconfitta, nessuna vittoria. Diciamo la verità: la cosa non ci ha sorpreso più di tanto. Pochi erano convinti di fare molta strada con questa squadra. L’unico a crederci era Lippi, che a un certo punto, dopo le prime deludenti partite, si è messo a parlare come Berlusconi: “Non c’è nessuna crisi, bisogna avere fiducia“. Speriamo che il Paese non faccia la fine degli azzurri (intesi come i giocatori, non il Pdl).
Inutile comunque stare a fare processi e rinfacciare mancate convocazioni: il panorama del calcio italiano non offre infatti molto di meglio. Ed ora toccherà al nuovo CT Cesare Prandelli rifondare la nostra squadra. Impegno arduo, visto quello che passa attualmente il convento. C’è chi parla di valorizzare di più i vivai nostrani, e chi addirittura, come il presidente FIGC Abete, invoca di puntare sugli immigrati.
Già, così come sostengono il Paese contribuendo ai fondi INPS, incrementando la crescita demografica, e svolgendo lavori utili, gli extracomunitari potrebbero dare una bella mano, anzi piede, per alzare il livello del nostro calcio.
Come dice anche Mario Sconcerti nelle ultime righe del suo commento sul “Corriere“: “O apriremo le porte a un’idea di Paese diverso, o saremo sempre più in difficoltà“.

P.S.: intanto c’è chi dice anche che Lippi potrebbe farsi nominare ministro. Così, per evitare processi.

PS – anche – su I mondiali come non li avete mai letti

La volta buona

Estate 1978. Su un campo assolato di una colonia estiva si affrontano Brasile e Olanda. Una specie, l’età media è dodici anni, le divise sono più immaginate che reali e il tasso tecnico è da incoraggiamento e nulla più. Io sono Rensenbrink, centrocampista offensivo tutto cuore e velocità, innamorato dell’Olanda di Crujff come solo un bambino può mai innamorarsi di una squadra di calcio. Poi viene la sera, mica una qualsiasi, si gioca la finale dei mondiali. Gli assistenti della colonia fanno finta di non vedere lo sgattaiolare furtivo di olandesi e brasiliani nella mia stanza, in quanto sono prezioso proprietario di una radio sintonizzata sulla partita. Tifiamo tutti Olanda, anche i brasiliani, cui gli argentini stanno notoriamente antipatici. Siamo tutti perfettamente calati nella parte.

Niente da fare anche questa volta, 3 a 1 per l’Argentina. Un’altra delusione dopo quella di quattro anni prima, quando abbiamo perso un mondiale già vinto. Se devo pensare al giorno in cui è finita la mia infanzia mi viene da pensare a quella sera in cui violando insieme agli altri le regole della colonia (colonia di suore, per intenderci) ho commesso il primo atto trasgressivo della mia vita (non che ce ne siano stati molti altri per la verità), e ho capito che le delusioni possono anche essere reiterate.

Facile capire comunque che a distanza di anni ogni volta che c’è un mondiale vado sempre a guardare quella squadra in maglia arancione, sperando che in qualche modo giustizia venga fatta. Quello che non è riuscito alla generazione di Cruijff e Neeskens, e poi nemmeno a quella di Gullit e Van Basten, magari può riuscire a quella di Snejder e Van Persie. Può essere la volta buona. Io ci conto, e insieme a me ci conta (fuori l’Italia) tutta quella generazione che è stata bambina negli anni ’70 e che ha amato quella squadra olandese come solo dei bambini possono fare.

I.V.

Lippse dixit

Bisogna costruire il gioco di una squadra in base agli elementi che la compongono, in particolare gli attaccanti. Scelte diverse sono forzature.

Ci vule elasticità, concretezza e non rigidità, esasperazione. E’ importante, soprattutto, mandare in campo giocatori che abbiano acquisito la mentalità giusta, che capiscano che una squadra è tale e non un insieme di individualità, che siano disposti a sacrificarsi per la squadra e non solo per il proprio personale vantaggio, che avvertano l’orgoglio di appartenere al gruppo e a esso subordino le proprie ambizioni…

Marcello Lippi, Il mio calcio, Sperling & Kupfer, 1997

M.D.