Non fa poi così freddo per essere il 18 novembre. Ci sarà la corrente del golfo. Posso scendere due fermate di autobus prima e passare dal mio spacciatore preferito di falafel, quello che mi ha fatto mettere su quattro chili in tre mesi. Edgware road, W1, Londra, cluster arabo, cucina libanese, banche sharia, profumo di shisha, Al-Ahram e al-Akhbar in tutte le edicole prima del Guardian e del Times.
Il casino lo sento ancora prima di avvicinarmi al Marylebone Flyover, un misto di rombo di auto, tante auto, clacson, gente che corre e grida. A Londra non è quasi mai un buon segno la combinazione ingorgo-gente-grida, soprattutto visto che qui a due passi c’è la stazione di polizia di Paddington Green, quella dove vengono portati tutti i sospetti di terrorismo, quella con il segnale radio talmente potente che nel vicinato le antenne tv funzionano solo come poggioli per cornacchie e colombe.
Prima sento il rumore e poi lo vedo, l’ingorgo di auto, gli incroci bloccati, i semafori diventati inutili, le facce in strada, i sorrisi, i cori, i capelli neri, le bandiere, verde bianco e qualcosa di rosso che non capisco cos’è. Qualche faccia inglese incuriosita e condiscendente si sporge dalle porte aperte dei pub, pinte di birra e maniche corte. Molti poliziotti, etnie miste, senza nervosismo.
E’ una festa questo sì, ma cosa? Non si capisce. Cerco di ricordarmi se per caso è Eid, ma è troppo tardi, Ramadan è finito a settembre. Il secondo Eid? troppo presto. E allora? Sport, è una cosa di sport, sicuro. Che sport praticano gli arabi di Edgware road che hanno un bandiera bianca verde e con qualcosa di rosso? Mi viene in mente il Cricket. Un’idiozia di idea. Mi riprometto di controllare su wikipedia appena a casa se il 18 novembre si conclude qualche torneo di cricket, Ashes forse.
Quando arrivo dal libanese che mi ha messo all’ingrasso con i suoi falafel appena fritti, tahini e cetrioli sottaceto, lo trovo sulla porta che guarda fuori in strada e scuote la testa ridendo.
“Che cosa succede, che festa è?” chiedo.
In due si voltano e stringendosi nelle spalle “Hanno vinto i mondiali di calcio!”
Come? COSA? CHI? Quali mondiali? Questi sono pazzi. Esco con la mia cena in un sacchetto. Faccio qualche foto sbilenca con il cellulare. Non si sa mai.
E’ solo dopo, quando tornata a casa, di fronte alla pagina della BBC e con i falafel in bocca che capisco cosa è successo: l’Algeria ha battuto l’Egitto, nemico calcistico di sempre, qualificandosi per i Mondiali 2010 in Sudafrica. Questi mondiali. Non succedeva dal 1986 e nel 1982 aveva stupito il mondo battendo la Germania (allora solo quella occidentale) 2 a 1, per poi scomparire o quasi dalle competizioni internazionali.
Adesso c’è. A questi Mondiali non sta andando benissimo l’Algeria. Dopodomani gioca contro l’Inghilterra. Non faccio previsioni. Non le so fare.
Ma penso ai marciapiedi di Edgware road, ai suoi pub, isole di englishness in un mare arabo di kebab e shishe. E penso che il 18 novembre 2009 l’Algeria ha davvero vinto i mondiali. Le facce sorridenti che cantavano per strada erano pari pari quelle che ho visto cantare per le stesse strade il 9 luglio 2006. Giuro. Le stesse.
E.B. – anche – per I mondiali come non li avete mai letti.